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Valore e Immagine di Sé

Giudice interiore, Reiki, Consapevolezza, Counseling Transpersonale

Valore e Immagine di Sé

Per essere autentici e veri è necessario stare presenti.

L’autenticità di chi siamo non è la nostra personalità, non ha niente a che fare con il condizionamento e con le strutture di difesa che si sono create nell’infanzia, nel rapporto con i genitori in particolare, e con tutte le figure di autorità che abbiamo incontrato. (Parenti, insegnanti, figure religiose…)

Essere se stessi e veri è sperimentare direttamente la realtà e non rappresentarla in base a idee, pregiudizi, giudizi, immagini di noi stessi e del mondo che fanno parte del condizionamento e della personalità.

Possiamo definire la personalità come ciò che crediamo di essere, come un vestito che si è formato durante i primi anni di vita per garantirci la sopravvivenza. Si è formato attraverso parametri di accettabilità/non accettabilità, giusto/sbagliato, bello/brutto, bene/male che abbiamo assunti come veri durante le fasi dell’adattamento in relazione ai nostri genitori.

Anche se nel corso del tempo la personalità si modifica, rappresenta comunque gli schemi di allora e con questi continuiamo a fare i conti.

La personalità si basa su di un senso di identità che ci dà una percezione falsa di solidità e di sicurezza.

Basta pensare all’incertezza continua che pervade ogni cosa nel suo movimento di cambiamento fluido, per accorgerci di quanto sia falsa la sicurezza dataci dal senso di identità.

Essere se stessi è rispondere in maniera diretta, spontanea, fresca alle circostanze che ci vengono incontro, mentre nella personalità reagiamo alle situazioni. Nella personalità esiste una continua frizione (non sempre conscia)  tra dovere ed essere.

Il senso di identità si basa su di una credenza fondamentale e primaria: esisto come essere separato dal tutto.

Fusione, separazione e individuazione.

Quando nasciamo e per i primi tre/quattro mesi siamo completamente nella fusione con la madre, non abbiamo l’esperienza di essere separati né da lei, né dal resto. 

Il senso di separazione e di identità si forma attraverso un processo che dura all’incirca fino ai tre anni di età.

Durante questo processo graduale, fisico, emotivo, energetico, e mentale, il bambino comincia ad avere l’esperienza di sé come essere separato, comincia a distinguere se stesso dagli altri e dal mondo, in primis dalla madre.

Il bambino passa quindi dalla fusione primaria alla separazione, all’individuazione. Scopre il mondo allontanandosi dalla madre, si formano così dei confini psichici che differenziano il dentro dal fuori, il  sé dall’altro, il qui dal lì.

Il bambino scopre di esistere come individuo separato dalla madre, in grado di percepire, di avere contatto con altri oggetti, di usare il proprio corpo, di muoversi autonomo..

Questo genera nel bambino un conflitto: da una parte la curiosità della scoperta, poter essere autonomo, esplorare, dall’altra la paura del distacco, l’insicurezza.

Il senso di identità si forma attraverso la coesione di immagini di sé in relazione con l’immagine della madre e via via con quella di altre persone, dell’ambiente, degli oggetti.

Possiamo dire che il senso di identità è dato da rappresentazioni mentali interne di sé  (immagini) in relazione a altro di cui il bambino forma immagini.

Il fatto che ci sia  all’interno un’immagine positiva della madre (accudente, affettuosa, disponibile etc.) fa si che nella separazione/individuazione il bambino si senta maggiormente sicuro.

“Secondo quella parte della psicologia moderna che è chiamata”teoria della relazione oggettuale”, questo senso di identità esiste come una collezione di memorie fatte di rappresentazioni mentali interne. Il bambino comincia progressivamente a ricordare se stesso (cioè l’immagine di se stesso)e la madre (l’immagine di lei) nella loro interazione.

Con il passare del tempo le memorie si accumulano e vengono organizzate, cèè una sorta di fusione delle rappresentazioni in immagini unitarie e fondamentalmente costanti nel tempo.

Tutte le immagini concernenti il sé si fondono in un’immagine unitaria del sé, quelle della madre in un’immagine unitaria di lei e così via con immagini di altri esseri umani.

Questa immagine finale del sé è quella che chiamiamo identità personale o identità egoica.”

  1. Costantino “Senza Maschera” ed. Tecniche Nuove pag.15

Il raggiungimento di una individualità separata dipende da due condizioni:

1 – Lo stabilirsi di un’immagine coesa del sé. 

Infatti il senso di essere un individuo non è altro se non l’assumere di essere questa immagine di sé. In altre parole, l’individuo è una struttura mentale, un costrutto nella mente. 

Prima della formazione di tale costrutto, secondo la teoria delle relazioni oggettuali, non esiste un senso di essere una persona.

2 – L’internalizzazione di un’immagine positiva della madre (La madre buona).

L’individuo, e cioè l’immagine di sé, è sostenuto psichicamente dalla presenza dell’immagine della madre; il bambino in tal modo non si sente solo quando è fisicamente separato dalla madre.

Egli si sente supportato dalla presenza dell’immagine della madre perché gli dà un senso di sicurezza che gli permette di starle lontano, e allo stesso tempo, gli rende più facile considerarla una persona autonoma. 

Il senso di essere un individuo non è solo una conquista dello sviluppo, ma anche un sentire che nasce dall’identificazione con una particolare struttura nella mente, l’immagine di sé. 

L’assumere di essere una persona, separata dagli altri, con una sua volontà, è semplicemente l’atto dell’identificarsi con un costrutto nella mente.

Almaas A.H. “The Pearl Beyond Price”  ed. Shambhala  pag.55/56 

Alla luce di tutto questo possiamo comprendere come il lavoro di consapevolezza sulle immagini che abbiamo di noi stessi è di fatto un lavoro sull’identità e in particolare  guarderemo all’attaccamento o identificazione che abbiamo con alcune immagini piuttosto che altre.

Il valore di sé si riallaccia alle immagini in quanto più siamo identificati con una di esse, più è forte l’attaccamento, più è in ballo il nostro valore personale. Questo ovviamente guardato dal fronte della personalità, in quanto dal fronte dell’Essere noi siamo Valore, non è neppure una questione di avere valore.

Dalla prospettiva della personalità il nostro valore è misurato in base a criteri e parametri di accettabilità o meno, di rispettabilità o meno, di fare la cosa giusta, di dover essere in un dato modo per valere.

Da qui nasce il conflitto tra dovere ed essere.

La colla che tiene insieme la personalità o identità è la storia personale.

La storia è l’ insieme delle immagini di noi stessi, l’immagine delle persone  che sono e sono state fondamentali nella nostra vita, più l’immagine che abbiamo del mondo e la relazione con esse.

Ciascuno di noi si identifica con alcune parti della propria storia personale, più che con altre.

Imparare a lasciar andare queste immagini contemplando il fatto che sono una prospettiva, una rappresentazione di chi siamo e non chi siamo veramente, aiuta e favorisce il processo di evoluzione e crescita.