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Che cos’è il Giudice Interiore?

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Che cos’è il Giudice Interiore?

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L’ autostima si manifesta quando togliamo il giudizio su noi stessi. Come mai giudichiamo? Per rispondere a questa domanda è necessario avere la comprensione di cosa sia il super ego o giudice interiore, come si forma, come si manifesta.

Il giudice interiore è l’interiorizzazione di tutte le figure di autorità che ci hanno accompagnato nell’infanzia, i genitori in particolare.

Durante le varie fasi dell’adattamento e della crescita ne abbiamo assorbito i codici comportamentali, i valori, le credenze, le opinioni, gli ideali, i pregiudizi, le valutazioni e le portiamo con noi crescendo.

Se in parte questo è stato necessario per la nostra sopravvivenza, dandoci delle linee guida per essere accettati e amati sia nella famiglia, sia nel mondo sociale, dall’altra parte, il condizionamento ricevuto diventa limitante, quando continua ad agire nella nostra vita, in modo inconscio, interferente e castrante.

È fondamentale che un giudice interiore si formi, il bambino ha bisogno di riferimenti, di contenimento che viene dato, in un primo tempo, dalla presenza fisica dei genitori e poi dall’ interiorizzazione delle loro figure.

Nello stesso tempo, è anche necessario riconoscere la limitazione che porta con sé tutto questo poiché nel corso tempo, l’individuo costruisce la propria identità su dei valori che non necessariamente sono i suoi e vive la sua vita adulta, coscientemente o meno, in un conflitto tra dovere ed essere che lede la sua libertà.

In età adulta l’attività del giudice interiore è soprattutto inconscia, per questo è spesso difficile riconoscerla.

Spesso non la riconosciamo perché mettiamo in atto delle difese automatiche così veloci nella loro attivazione che non ci accorgiamo del giudizio.

Se stiamo presenti ai sintomi percepibili sui cinque livelli del nostro Sè organismico (fisico, energetico, emozionale, mentale, spirituale), l’attività del giudice interiore diventa conscia.

Quali sono i sintomi che ci fanno accorgere della presenza del giudice interiore?

La sintomatologia è soggettiva e riconducibile a:

  • rigidità,
  • tensioni nel corpo,
  • reattività emozionale,
  • perdita energetica
  • sovraccarico energetico

Se proviamo ansietà, o un blocco allo stomaco, ci accorgiamo di avere una perdita di energia vitale, di sentirci inadeguati, di non percepire il corpo, o proviamo una forte rabbia, frustrazione, vergogna, senso di colpa, sappiamo che da qualche parte il nostro giudice interiore è in azione.

Quando il giudizio è presente la nostra autostima si riduce, proviamo senso di colpa, vergogna, svalorizzazione.

Nella percezione della nostra realtà è necessario prestare attenzione non solo all’esperienza di noi stessi più evidente, ma aprirsi ad una possibile dimensione che la sottende, al momento preclusa,  che può svelarsi e mostrare un’altro strato e poi un’altro e un’altro ancora.

Gli strati interiori con i quali possiamo entrare in contatto costituiscono dei veri e propri confini.

I confini che incontriamo nell’indagine della conoscenza di noi stessi e lo sguardo con cui guardiamo ad essi è in relazione con la disponibilità ed apertura a scoprire la verità sottostante.

Sostenere la verità che troviamo dentro noi stessi rafforza la nostra autostima nel momento in cui non la giudichiamo, qualsiasi essa sia.

Inoltre è necessario un intento chiaro di voler tornare in contatto con chi siamo veramente, con il nostro essere originario, non condizionato e con le qualità essenziali che sono le risorse indispensabili con cui vivere la nostra vita, invece che sopravvivere nel condizionamento.

Esempi:

Sotto la sensazione di ottundimento nella testa (difesa) possiamo trovare ansia da prestazione, dietro l’ansia un confine come vinco/perdo, riferito ad una situazione particolare, e diventare consapevoli di un attacco del Superego sul nostro valore personale.

Ricordare per esempio che in passato papà ci spronava ad essere i migliori, ad ottenere ottimi risultati a scuola o nello sport. Ricordare che avere successo nell’ “essere all’altezza” portava con sé contatto, un abbraccio, una lode, riconoscimento, mentre non esserlo voleva dire recriminazione, disappunto, umiliazione e forse punizione.

Procedendo nell’osservazione dei vari strati probabilmente sperimenteremo rabbia e scopriremo che ha due versanti: uno esterno rivolto a papà, e l’altro interno, rivolto a noi stessi per lo sforzo sostenuto nella lotta competitiva con gli amici, per vincere a tutti i costi. 

Ancora più in profondità sentiremo dolore e un senso di mancanza. Aver “scelto” il dover essere, per sopravvivere, ha comportato una perdita, una disconnessione da qualcosa di intimo, vero, da una qualità del nostro essere che sperimenteremo come buco, vuoto.

Nella persistenza del contatto con la mancanza, invece di andare via, o nel tentativo di riempirla con compensazioni svariate (cibo, alcool, tabacco, TV, computer, cellulare ….) scopriremo che questo momento di dolore ci porta vicini all’Essere, e a una possibile ri-connessione o recupero di qualità essenziali come la Pace, la Gioia, la Compassione, l’Amore, il Coraggio, il Potere Personale.

Nel seminario: “Il Fuoco della Libertà, Liberarsi dall’ auto-giudizio” si approfondisce il contenuto di questo articolo.

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