Confini e Difese: comportamenti automatici
Le difese automatiche sono difese di sopravvivenza vanno comprese nella loro funzione e per quello che rappresentano.
Mi è stato chiesto: ” Come mai mi ritraggo davanti a un commento positivo su me stessa, o a una lode che qualcuno mi fa? “
Il ritrarsi è una difesa automatica che reagisce alla soglia di un confine interno.
Il domandarti: “come mai?” ti dice che la difesa sta mostrando la sua limitazione e pur essendo ancora automatica, in quanto scatta da sola, ti da il senso che qualcosa non torna ad una parte di te.
Una parte che chiede luce, riconoscimento, e va ascoltata.
Cosa stai difendendo?
Cosa succede un attimo prima che la difesa scatti?
Cosa va a toccare la lode, il riconoscimento di una tua qualità da parte di qualcuno che la vede e te la riflette?
Incontri un confine e scatta la difesa, ti ritiri. Ti ritiri dall’esterno e ti ritiri anche dall’interno. Questo va compreso.
Una difesa ha due facce: impedisce a qualcosa di entrare e a qualcosa di emergere da dentro.
L’attenzione va portata verso l’interno per avere una comprensione ampia di ciò che sta succedendo altrimenti stai guardando una sola specularità della questione.
Cosa si attiva su quel confine? Cosa succede un attimo prima che la difesa scatti?
Timore? Quale?
Giudizio? Quale?
Timore di essere manipolata? Timore di essere vista?
Giudizio non me lo merito, non sono degna? Non sono abbastanza? Lui/lei, sta dicendo così ma non è vero? Lo fa per compiacermi? Mi vede nella mia miseria e vuole rassicurarmi?
Se guardi a queste domande emerge forse una figura, una persona che in passato ha fatto lo stesso con te? Qualcuno che ti manipolava lodandoti, aprendo uno spazio interiore particolare, vulnerabile, per poi ferirti?
O al contrario emerge la memoria di qualcuno che non ti mai fatto una lode, bensì ti biasimava, giudicava, sminuiva? Se è così, come ti sentivi allora?
Qualcosa di simile a cosa provi adesso togliendo di mezzo per un attimo la difesa?
Oppure emerge un possibile giudizio rispetto all’umiltà per esempio.
Se riconosco di essere brava, coraggiosa, intelligente, etc. non sono umile.
Se l’umiltà è stato un valore che ti dava accettazione nell’infanzia da parte di chi ti era vicino è chiaro che hai misurato le tue qualità essenziali in base ai parametri di qualcun altro e hai precluso la loro manifestazione spontanea, il loro riconoscimento, anche a te stessa, e questo ha significato dolore per te.
Il dolore più grande che ciascuno di noi ha è quello di aver precluso l’accesso alla nostra vera natura, per sopravvivere e diventare altro, un qualcuno, persona, maschera, identità con caratteristiche accettabili all’ambiente.
Potrebbe essere l’umiltà, ma anche una qualsiasi altra cosa, l’impedimento che trovi sul confine.
Scoprirlo riapre una ferita, la difesa ha la funzione di allontanarti dalla ferita e dal dolore connesso.
La difesa non è sbagliata di per sé, ha una sua ragione per esistere, si è creata per sopravvivere. La difesa ha una limitazione nella sua automaticità di attivazione e una volta adulti, sopravvissuti, la ri-connessione con la nostra vera natura preme.
Con il nascere dell’identità non è soltanto l’ombra che nascondiamo agli altri e spesso anche a noi stessi. Nascondiamo anche la nostra luce originale, le qualità dell’essere che siamo.
Tutto questo va sperimentato altrimenti è razionalizzazione logica ma la logica non appaga profondamente.
Per sperimentare è necessario sfidare il confine, aprirsi, provare, rischiare.
Cosa succede se su quel confine invece di ritirarmi mi apro a ricevere?
L’esperienza diretta della verità non viene dalla logica bensì da una totalità fatta di intento, disponibilità con un si a tutto ciò che trovo.
Comprendere che le difese automatiche sono difese di sopravvivenza, pertanto non sono sbagliate anche se limitanti al nostro vivere, ci permette di comprenderne la funzione e di superarle.
“La nostra paura più profonda non è di essere inadeguati. La nostra paura più profonda è di essere potenti oltre ogni limite. E’ la nostra luce, non la nostra oscurità, a spaventarci. Ci chiediamo:” Chi sono io per essere brillante, straordinario, ricco di talento”. Ma in realtà chi siamo per non esserlo? Siamo figli di Dio, farsi umili non serve al mondo. Non c’è niente di illuminato nello svilirsi affinché gli altri intorno a noi non si sentano insicuri. Siamo nati per rendere manifesta la gloria che è in noi, in ciascuno di noi. Appena lasciamo risplendere la nostra luce, inconsciamente permettiamo agli altri di fare altrettanto. Appena ci liberiamo della nostra paura immediatamente la nostra presenza libera gli altri”.
(Mariam Williamson)